giovedì 14 luglio 2011

Descrizio Aqua Marcia-Tepula-Iulia

                                                               

                                                                                                                                                                 
(Visualizzazione di alcune parti dei condotti).
Frontino osserva che tanto la Marcia, quanto la Iulia1, dal settimo miglio fino a Roma, correvano per i primi 528 passi (m.784) su sostruzioni, le quali sono completamente scomparse2 e i rimanenti 6472 passi (m.9611) su arcuazioni. Frontino non dice espressamente che le acque della Marcia portavano anche la Tepula3 e la Iulia, ma queste acque in effetti sorgevano sovrapposte dal punto in cui emergevano dal suolo; la Iulia emergeva presso Casino Bertone. Il fondo dello specus dell' Acqua Iulia era visibile, circa 30 anni fa, vicino all' acquedotto dei Sette Bassi. Il fondo dello specus della Iulia era a m. 0,80 sotto il caposaldo, cioè a m. 70,789 s.l.m. Era largo m. 0,59,. con le pareti in opus reticulatum d' età augustea spesse m. 0,45 e rinforzate successivamente con pareti di mattoni di m. 0,43 di spessore; la Iulia, senza dubbio, scorreva appena sotto il livello del suolo”(Ashby). Dopo m.300 dalla Casa Cantoniera “del Sellaretto”, all'altezza della metà della prima grande serie degli archi dell'Acqua Claudia-Anio Novus, vediamo la prima serie di rovine dei condotti dell'Aqua Marcia-Tepula-Iulia. Gli archi che sorreggono questo tratto, quasi completamente interrati, sono 10. Gli archi di tutte le serie di questo condotto, dove sono meglio visibili (e cioè a partire dalla seconda serie), presentano tracce del condotto della Felice. All'altezza delle imboccature degli spechi, in questa prima serie, vediamo un muro di opera listata di reticolato e laterizio con inserti in blocchetti di tufo disposti per testa e per taglio. La prima nostra analisi verterà sul lato interno verso il parco. Gli archi hanno una ghiera formata da blocchi rettangolari di tufo grigio (peperino, come testimoniato sia da Ashby che da Van Deman) , con l'estradosso formato da tufo giallo (sempre secondo i due studiosi, simile al tufo di Grotta Oscura) con un ulteriore rivestimento di materiale di rivestimento di colore grigio (probabilmente alcune tracce dei lavori di Tito, che ricoprì il condotto con un'opera in muratura, con una facciata in calcestruzzo ed opera reticolata con blocchetti di tufo e bande di mattoni triangolari., visibile solamente in alcuni tratti,altri interventi di Tito ed Adriano nell'opera in calcestruzzo con opera reticolata in tufello) . Sopra, un marcapiano di tufo grigio e, ancora sopra, tracce visibili dello speco dell'Aqua Marcia formato da 3 filari di tufo rosso scuro ( i due inferiori per taglio, quello superiore per testa). Sopra, un altro marcapiano grigio e i resti in cementizio dell'Aqua Tepula e Iulia, che partono contemporaneamente all'altezza del I arco. Visibili tracce del rivestimento dello speco della Tepula in opus reticulatum, presenti anche all'esterno del condotto della Iulia, i quali terminano all'altezza del VII arco . All'altezza del IX arco un'apertura di forma triangolare nei due condotti superiori. All'altezza del X arco sono visibili due speroni. Quello di destra, verso il parco, è in conglomerato cementizio rivestito con cortina di laterizio, mentre quello di sinistra presenta opera mista di laterizio, tufo e opera reticolata. A circa mt.20 abbiamo una seconda serie formata da altri 4 archi, sempre con ghiere di colore grigio scuro, estradosso in tufo giallo e marcapiano in colore scuro ed il condotto della Marcia in 3 filari di tufo, interamente disposti per taglio di colore marrone scuro. Sopra abbiamo un marcapiano in tufo scuro e tracce del cementizio dei condotti superiori. Sui successivi due archi è presente anche del rivestimento in cementizio (nel II è anche visibile una parte dell'estradosso in tufo giallo). Non ne sono visibili tracce dei condotti. Nella successiva III serie, abbiamo 11 archi, dei quali sui primi 8 vediamo l'estradosso in tufo giallo e il condotto della Marcia. Il V è stato chiuso da una cancellata moderna, mentre il VII è soggetto a dei lavori. Nell'ultimo arco vediamo un estradosso chiaro, il tufo marrone della Marcia. Su di un ulteriore arco, è visibile il tufo scuro della Marcia. Sull'altro lato, nella prima serie è visibile il laterizio esterno dei due condotti superiori con una serie di aperture e 4 speroni in laterizio. Non è visibile il piano della Marcia perché è coperto dalla vegetazione. Nella seconda serie, è visibile tutto il rivestimento esterno in laterizio della Marcia, mentre quello della Tepula-Iulia va dal I al IV arco. Tra gli ultimi 11 archi, il laterizio della Marcia è interamente visibile, mentre quello degli altri due condotti va dal I al IV,dopo una piccola interruzione riprende dal V al VII. All'altezza del V arco vi è una stazione idrica visibile dell'Aqua Felice, dopo le tracce si fanno più esigue. Quest'ultima serie di archi si trova simmetricamente alla destra (dal nostro punto d'inizio del percorso, a Via delle Capannelle) del famoso Casale di Roma Vecchia, che si erge nella zona centrale del parco. Gli studi condotti da vari studiosi, come Ashby, ci affermano che era un sistema strutturale pessimo: “ Le pareti laterali dello specus della Tepula non erano costruite sopra quelle della Marcia, ma piuttosto su di un lato, perché lo specus è molto più stretto. Lo specus della Tepula, oggi non più visibile, era più stretto, in quanto aveva meno acqua da convogliare. Un canale troppo largo avrebbe fatto stagnare l' acqua, ma allo stesso tempo era necessario lasciare lo spazio per le pulizie; così il canale, qui ed altrove venne realizzato più stretto di quello della Marcia. Era un sistema strutturale pessimo: la parete destra e la maggior parte del peso dello specus erano sostenuti dalla parete sinistra della Marcia; mentre la parete sinistra poggiava soltanto sulla copertura della Marcia e in molti punti l' aveva lesionata. La parete nordest di entrambi gli acquedotti fu rinforzato con un muro in mattoni e calcestruzzo,alto fino all'altezza del condotto della Tepula, se non fino a quello della Iulia”. Altre informazioni ritenute importanti: “All' estremità nord, di fronte al Casale Roma Vecchia, il fondo dello specus della Marcia si trova a m. 62,97 s.l.m. Dato che lo specus della Marcia, largo m.0,76, è alto m.1,35 con una lastra di copertura spessa m.0,25, il fondo della Tepula è a m. 64,82 e quello della Iulia, più alto di circa m.1,60, si trova a m.66,42 s.l.m.

Bibliografia:
E.B.Van Deman, The Building of The Roman Aqueducts, Carnegie Institute of Washington, Washington 1934, pp.105-106.




1 Il quinto acquedotto della città di Roma, costruito nel 33 a.C. Dall'edile Marco Vipsanio Agrippa, amico, collaboratore e, poi, genero di Ottaviano, alla cui famiglia fu dedicato.
2Van Deman 1934,pp.105
3L' ultimo acquedotto dell' età repubblicana, costruito dai censori Caio Servilio Cepione e Lucio Cassio Longino nel 123 a.C. Veniva dai Colli Albani.

Descrizione Anio Vetus

(Ponte della Mola)

Nel tratto iniziale del percorso da me esaminato, l' Anio Vetus scorre ad una tale profondità da non poter essere visibile . É formato, qui, da un canale sotterraneo, con copertura a lastre in pietra tagliata. Non ci sono tracce evidenti del serbatoio di decantazione vicino Capannelle, ma non doveva essere molto lontano da quello dell'Anio Novus. Oltre Capannelle, le prime rovine dell'acquedotto sono state trovate nel lato ovest del corto tunnel che era attraversato dalla vecchia ferrovia per Napoli. Il canale era di cm.80 di larghezza e m.1,75 di altezza all'interno. Era formato da pietra lavorata, il pavimento era formato da lastre in tufo cappellaccio leggermente concavo nel mezzo. La parte più bassa della muratura era formata da bassi blocchi in cappellaccio,di cm.35 di altezza, mentre la parte più alta è formata di tufo più compatto, di cm.64 di larghezza. La volta è piatta, ed è costituita da lastre di tufo duro di m.2,08 di lunghezza e di circa cm.25 di larghezza. Vicino Tor Fiscale fu trovato un tratto di circa 100 m o poco più, distrutto agli inizi del'900. Il canale, che qui è tagliato nella roccia tenera, è largo m.1,25 ed alto m.2 (queste dovrebbero essere le sue misure in tutto il percorso). L' Anio Vetus aveva anche la caratteristica della presenza di un gran deposito calcareo. É visibile anche un pozzo,con opera cementizia di età augustea. Durante la costruzione della strada militare, una sezione del canale più antico fu trovata all'incrocio di questa strada con Vicolo del Mandrione, ed a circa m.55 dall'Aqua Claudia. Il fondo del suo speco si dovrebbe trovare a m. 52,70 s.l.m Il canale qui è largo cm.95 ed è alto m.1,95, fu tagliato nel cappellaccio friabile e rifinito. La volta era in parte appuntita ed in parte rotonda. Alcuni tratti incerti della volta sono stati ritrovati durante la costruzione della nuova ferrovia per Albano. Il serbatoio nominato prima doveva essere quello che Frontino chiamava il Castellum Viae Latinae contra Dracones, all'altezza del IV miglio1.Lo specus dell' Anio Vetus appare di nuovo nella cava ad ovest di Tor Fiscale, ad una distanza più o meno di m.100. C' è parecchio deposito. Il livello è più che sufficiente: il fondo dello specus si trova infatti a non più di m.52,50 s.l.m. Più vicino a Tor Fiscale ci sono altri canali alti circa m.1,60 e larghi m.0,50 con la copertura a cappuccina. Questi appartengono ad un sistema locale separato, per la raccolta e la conservazione dell' acqua. Il condotto originale dell'Anio Vetus fu fatto, come il suo predecessore,l'Aqua Appia, interamente sotto il livello del terreno, eccetto quando il canale era portato su basse sostruzioni per poche centinaia di metri vicino Porta Maggiore, per essere, poi, reinserito nel terreno. Nella prima parte del suo percorso, in cui discende attraverso le altezze di Tivoli e della Valle dell'Aniene, consisteva in un canale semplicemente tagliato nella roccia, o in un canale di pietra tagliata in un fosso poco sotto il livello del terreno. I ponti erano pochi ed anche di poca grandezza, se si esclude quello del Fosso degli Arci. Nei pressi della città, ed anche dentro, abbiamo l'uso del cappellaccio, la peggiore qualità di tufo grigio friabile. Fu usato anche nelle altre strutture sotterranee del periodo. Abbiamo tracce di vari restauri, come quello del periodo preaugusteo, (ma non quello di Marcio) visibile in tracce di costruzione con pietre tagliate regolarmente ed opera cementizio. Del periodo augusteo abbiamo delle tracce alla sinistra di Via Labicana (canale sotterraneo, ed una facciata in calcestruzzo in opus reticulatum), e,sulla destra di Via Labicana, sostruzioni e canale, con un facciata in opus reticulatum. Dei restauri del periodo flavio, ben attestati dalle monumentali iscrizioni a Porta Maggiore e a Porta Tiburtina, abbiamo solo i muri dei due pilastri vicino la Valle degli Arci, con un muro frammentario dall'altra parte della valle, e qualche porzione del Ponte Taulella, sopra il Rio Secco. Del periodo adrianeo abbiamo il Ponte della Mola, le mura esterne del Ponte Taulella ed un largo serbatoio in città, trovato e distrutto nel 1872.







Bibliografia:
T.Ashby, Gli Acquedotti dell'Antica Roma, Quasar, Roma 1991 (seconda edizione), pp.99-101;

Esther Boise Van Deman, The Building of The Roman Aqueducts, Carnegie Institute of Washington, Washington 1934, pp. 52-53;57-58-59;61-62-63;

C.R.Lamberti, Anio Vetus, in Il Trionfo dell'Acqua, Acque ed Acquedotti a Roma IV sec.a.C-XX sec., Mostra organizzata in occasione del 16° Congresso ed Esposizione Internazionale degli Acquedotti, 31 ottobre 1986- 15 gennaio 1987, Paleani Editrice 1986, p.39;

Z.Mari, Anio Vetus, in Lexicon Topographicum Urbis Romae, Volume I°, a cura di E.M.Steinby, Quasar, Roma 1993, p.45.


1Ora non è più localizzabile.

Descrizione Anio Vetus

(Ponte della Mola)

Nel tratto iniziale del percorso da me esaminato, l' Anio Vetus scorre ad una tale profondità da non poter essere visibile . É formato, qui, da un canale sotterraneo, con copertura a lastre in pietra tagliata. Non ci sono tracce evidenti del serbatoio di decantazione vicino Capannelle, ma non doveva essere molto lontano da quello dell'Anio Novus. Oltre Capannelle, le prime rovine dell'acquedotto sono state trovate nel lato ovest del corto tunnel che era attraversato dalla vecchia ferrovia per Napoli. Il canale era di cm.80 di larghezza e m.1,75 di altezza all'interno. Era formato da pietra lavorata, il pavimento era formato da lastre in tufo cappellaccio leggermente concavo nel mezzo. La parte più bassa della muratura era formata da bassi blocchi in cappellaccio,di cm.35 di altezza, mentre la parte più alta è formata di tufo più compatto, di cm.64 di larghezza. La volta è piatta, ed è costituita da lastre di tufo duro di m.2,08 di lunghezza e di circa cm.25 di larghezza. Vicino Tor Fiscale fu trovato un tratto di circa 100 m o poco più, distrutto agli inizi del'900. Il canale, che qui è tagliato nella roccia tenera, è largo m.1,25 ed alto m.2 (queste dovrebbero essere le sue misure in tutto il percorso). L' Anio Vetus aveva anche la caratteristica della presenza di un gran deposito calcareo. É visibile anche un pozzo,con opera cementizia di età augustea. Durante la costruzione della strada militare, una sezione del canale più antico fu trovata all'incrocio di questa strada con Vicolo del Mandrione, ed a circa m.55 dall'Aqua Claudia. Il fondo del suo speco si dovrebbe trovare a m. 52,70 s.l.m Il canale qui è largo cm.95 ed è alto m.1,95, fu tagliato nel cappellaccio friabile e rifinito. La volta era in parte appuntita ed in parte rotonda. Alcuni tratti incerti della volta sono stati ritrovati durante la costruzione della nuova ferrovia per Albano. Il serbatoio nominato prima doveva essere quello che Frontino chiamava il Castellum Viae Latinae contra Dracones, all'altezza del IV miglio1.Lo specus dell' Anio Vetus appare di nuovo nella cava ad ovest di Tor Fiscale, ad una distanza più o meno di m.100. C' è parecchio deposito. Il livello è più che sufficiente: il fondo dello specus si trova infatti a non più di m.52,50 s.l.m. Più vicino a Tor Fiscale ci sono altri canali alti circa m.1,60 e larghi m.0,50 con la copertura a cappuccina. Questi appartengono ad un sistema locale separato, per la raccolta e la conservazione dell' acqua. Il condotto originale dell'Anio Vetus fu fatto, come il suo predecessore,l'Aqua Appia, interamente sotto il livello del terreno, eccetto quando il canale era portato su basse sostruzioni per poche centinaia di metri vicino Porta Maggiore, per essere, poi, reinserito nel terreno. Nella prima parte del suo percorso, in cui discende attraverso le altezze di Tivoli e della Valle dell'Aniene, consisteva in un canale semplicemente tagliato nella roccia, o in un canale di pietra tagliata in un fosso poco sotto il livello del terreno. I ponti erano pochi ed anche di poca grandezza, se si esclude quello del Fosso degli Arci. Nei pressi della città, ed anche dentro, abbiamo l'uso del cappellaccio, la peggiore qualità di tufo grigio friabile. Fu usato anche nelle altre strutture sotterranee del periodo. Abbiamo tracce di vari restauri, come quello del periodo preaugusteo, (ma non quello di Marcio) visibile in tracce di costruzione con pietre tagliate regolarmente ed opera cementizio. Del periodo augusteo abbiamo delle tracce alla sinistra di Via Labicana (canale sotterraneo, ed una facciata in calcestruzzo in opus reticulatum), e,sulla destra di Via Labicana, sostruzioni e canale, con un facciata in opus reticulatum. Dei restauri del periodo flavio, ben attestati dalle monumentali iscrizioni a Porta Maggiore e a Porta Tiburtina, abbiamo solo i muri dei due pilastri vicino la Valle degli Arci, con un muro frammentario dall'altra parte della valle, e qualche porzione del Ponte Taulella, sopra il Rio Secco. Del periodo adrianeo abbiamo il Ponte della Mola, le mura esterne del Ponte Taulella ed un largo serbatoio in città, trovato e distrutto nel 1872.







Bibliografia:
T.Ashby, Gli Acquedotti dell'Antica Roma, Quasar, Roma 1991 (seconda edizione), pp.99-101;

Esther Boise Van Deman, The Building of The Roman Aqueducts, Carnegie Institute of Washington, Washington 1934, pp. 52-53;57-58-59;61-62-63;

C.R.Lamberti, Anio Vetus, in Il Trionfo dell'Acqua, Acque ed Acquedotti a Roma IV sec.a.C-XX sec., Mostra organizzata in occasione del 16° Congresso ed Esposizione Internazionale degli Acquedotti, 31 ottobre 1986- 15 gennaio 1987, Paleani Editrice 1986, p.39;

Z.Mari, Anio Vetus, in Lexicon Topographicum Urbis Romae, Volume I°, a cura di E.M.Steinby, Quasar, Roma 1993, p.45.


1Ora non è più localizzabile.

martedì 12 luglio 2011

Descrizione Generale Parco degli Acquedotti

(Le due arcate più alte dell'Aqua Claudia-Anio Novus
Il Parco degli Acquedotti è un' area verde del Comune di Roma, nel Municipio X. È compreso tra il quartiere Appio Claudio, via delle Capannelle e la linea ferroviaria Roma-Cassino-Napoli. La sua estensione è di circa 265 ettari tra la Tuscolana e l' Appia Nuova, più 45 ettari per la parte al di là di Via delle Capannelle. Include gli acquedotti Claudio e Marcio-Felice da Capannelle a Via del Quadraro, per un tratto di circa 2500 metri, in sotterranea l' Anio Vetus, presso l' ingresso di Via Lemonia. All' interno del parco passava anche la Via Latina. Nella foto qui presente sono visibili i resti più famosi dell' acquedotto Claudio; sono i resti più alti, le cui arcate raggiungono i 30 metri circa.


Oltre a questi vi sono i resti dell' Anio Novus (sovrapposto alla Claudia), Marcia, Tepula, Iulia e Felice (sovrapposti). Nel 1965, la zona fu destinata a verde pubblico dal Piano Regolatore, e, negli anni '70, fu espropriata e liberata dalle baraccopoli, i famosi “borghetti” situati presso l' Acquedotto Felice (tale destinazione è stata riconfermata dalla "variante di salvaguardia" del 16 luglio 1991). La sovrintendenza si mosse per il restauro degli acquedotti, ma la zona fu presto abbandonata, con la costruzione di impianti edilizi abusivi. I cittadini del Municipio allora formarono, nel 1985, il Comitato di Difesa del Parco degli Acquedotti. Dal 1988 fa parte del Parco dell' Appia Antica, che diventerà Parco Regionale con la legge che istituisce i parchi regionali nel Lazio, la “lg.29/97” (“Norme in materia di aree naturali protette regionali”) .Nell’Agosto 2007 sono state sgomberate le ultime baracche rimaste note come "gli orti di guerra"; sin dal dopoguerra alcuni senza tetto si stabilirono qui (come in molte altre zone in prossimità dell’acquedotto) prendendo anche a coltivare degli orti; le baracche rimanevano nascoste nel boschetto tra l’acquedotto Felice e la Marrana dell’Acqua Mariana . Facente parte del Parco dell' Appia Antica, ne prende le normative, pertanto nel parco sono vietate per legge numerose attività:
  • eseguire opere edilizie, manufatti di qualsiasi genere ed aprire nuove strade;
  • aprire e sfruttare cave o miniere;
  • esercitare la caccia e la pesca, catturare o molestare gli animali;
  • raccogliere o danneggiare specie vegetali;
  • accendere fuochi all'aperto;
  • abbandonare sul terreno e nelle acque rifiuti di qualsiasi genere;
  • installare impianti pubblicitari;
  • svolgere gare sportive al di fuori delle località appositamente destinate o concesse.

(L'intero tratto ancora esistente dell'Acquedotto Marcio all'interno del Parco)











PROBLEMI GENERALI


Il problema principale è la manutenzione del parco. Secondo una mia opinione nella visita del parco, sono molto utili le targhette esplicative delle opere messe a forma di leggio e non ad altezza d' occhio, che impedirebbero una buona visuale delle opere. Il problema principale per la manutenzione riguarda il fatto che la vegetazione è lasciata incolta e tende a distruggere le opere architettoniche e i danni causati dall' azione antropica, quali scritte sui muri,
senza che le istituzioni interessate intervengano, con opere di ripulitura e di messa in sicurezza del parco (mancano cancelli notturni, per esempio). Prendendo questo spunto, si dovrebbe cercare anche la collaborazione delle scuole ed associazioni competenti per formare al rispetto della cosa pubblica, il che mette sempre di più in cattiva luce lo stato della coscienza civile del popolo italiano odierno (ho visto con i miei occhi persone salire sui canali dell' Aqua Marcia, con anche seri rischi per la loro incolumità). Le recinzioni dei monumenti spesso sono rotte, (tant' è che anch' io sono entrato, ma non per distruggere!!) All' interno del parco andrebbero fatti anche dei percorsi più adeguati, in quanto le già nominate targhette, seppur di buona qualità per i motivi sopra detti, sono poche e molto spesso sporche. Itinerari turistici ben precisi per valorizzare che ha un alto potenziale. Potrebbero essere fatti anche degli spettacoli per spiegare la natura del posto, esperimento tra l' altro confermato in molti luoghi simili. Il problema riguarda anche una vegetazione incolta che invade i monumenti.

Per quanto riguarda la nostra analisi, verterà principalmente sugli acquedotti principali nella sezione del parco, cioè Marcio, Claudio e Anio Novus e Anio Vetus, ma è interessante nominare altri monumenti presenti nel parco, come:

  • la Villa dei Sette Bassi;
La villa è situata sulla destra della via Tuscolana, in prossimità dell’incrocio con via delle Capannelle, dalla quale si possono vedere i resti più imponenti. Si tratta di una delle più grandi tra le ville del suburbio romano. Il nome deriva dal toponimo medievale “Sette Bassi”, forse riferito a Settimio Basso, Prefetto di Roma al tempo di Settimio Severo (193- 211 d.C.), proprietario della villa. Si trova su un pianoro ed è composta da tre corpi contigui. Il primo nucleo, interamente in mattoni, fu costruito agli inizi del regno di Antonino Pio (138-161 d.C.) ed è costituito da una serie di ambienti che affacciavano su un vasto peristilio-giardino, ora del tutto scomparso. Sono ancora conservati una grande sala di soggiorno, un ambiente con nicchia rettangolare ed una sala con impianto di riscaldamento. Il secondo nucleo di ambienti, costruito  nel 140-150 d.C., è costituito da sale di rappresentanza e stanze da letto lussuose, oltre che da una balconata con finestre e un belvedere semicircolare con colonne. Il terzo nucleo, costruito alla fine del regno di Antonino Pio con funzioni di rappresentanza, comprende vaste aule a più piani, un impianto termale e sale di soggiorno. Quest’ultimo complesso costituisce il lato di fondo di un grande peristilio-giardino, lungo 320 metri e limitato da un lungo terrazzamento artificiale, su cui  si trova un criptoportico. Accanto alla villa sorgevano inoltre altri edifici, riferibili alla parte rustica del complesso, insieme ad un piccolo tempio ben conservato databile al II secolo d.C. A partire dell'ambiente più a sinistra su Via della Capannelle, provenendo da Cinecittà, abbiamo 1 arco, poi abbiamo 1 pilastro isolato, una seconda serie di 4 archi, il primo dei quali è senza ghiera. A seguire una terza serie di 17 archi, dei quali il primo e il 14° sono senza ghiera. Un'altra serie di 4 archi, dei quali i primi 2 sono senza ghiera, una V° serie di 22 archi, dei quali il X° è senza ghiera. Alla base dei primi tre pilastri di questa serie vi è uno strato di rivestimento in laterizio;


  • la Villa delle Vignacce;
    La costruzione risale al 130 a.C. circa ed è appartenuta a Quinto Servilio Pudente, ricco proprietario di fabbriche di mattoni durante l'epoca imperiale di Adriano (117-138 d.C.). E' una delle più importanti ville del Suburbio romano. Venne monumentalizzata nel II secolo d.C. con la realizzazione di lussuosi padiglioni residenziali, giardini con ninfei e giochi d'acqua ed un impianto termale privato. Abitata per lungo tempo, dalla villa provengono importanti sculture e reperti oggi conservati tra i maggiori musei del mondo;

    (Cisterna della Villa delle Vignacce con l'Acquedotto Felice alle sue spalle)

  • la Torre Medioevale;
    Torre medioevale risalente al 1300; è realizzata in tufelli e poggia sulla volta a botte di una cisterna romana in scaglie di selce;

  • il Casale di Roma Vecchia;
    Bel casale medioevale risalente al XIII secolo. Di fronte al Casale si trova il bacino di un piccolissimo laghetto ora asciutto in conseguenza dell’interruzione dell’acquedotto Felice;


    (Casale di Roma Vecchia)




    la Tomba dai Cento Scalini;
  • La tomba si trova tra l’acquedotto di Claudio e la ferrovia Roma-Cassino, a 50 metri dal primo e 10 metri da quest’ultima, e prende il nome dagli scalini che occorre scendere per raggiungere la camera mortuaria sotterranea (anche se non sono realmente cento); la camera principale realizzata con volta a crociera e pareti in opera listata è datata intorno al III sec. d.C. e all’interno si trovano alcuni sarcofagi in marmo non levigato; dalla camera dipartono alcuni cunicoli riferibili al IV secolo; nella piccola catacomba sono presenti sepolture di varie tipologie cristiane e pagane.
  • L'Acquedotto Felice;
    Anche se è un' acquedotto del parco, non è tra quelli analizzati, perchè venne costruito, tra il 1585 e il 1587 da Matteo Bortolani e Giovanni Fontana. Approvvigionava il Viminale ed il Quirinale, e la villa papale (il Papa era Sisto V) che ivi vi si estendeva. Entrava a Roma dalla Porta Tiburtina. Le sorgenti erano le stesse dell' Aqua Alexandrina (presso Colonna) e terminava con la Fontana del Mosè di Piazza San Bernardo.
  • Il fosso dell' Acqua Marrana;
    Costruito da Papa Callisto II nel 1120, l' Acquedotto Marrano riprendeva le sorgenti della Tepula e della Iulia (tra Grottaferrata e Marino) e arrivava nel centro città. (Tracce ne sono state avvistate presso il Circo Massimo.
Nel parco sono anche visibili alcuni sepolcri a camera ed a torre.




COME RAGGIUNGERE IL PARCO
Si può facilmente raggiungere scendendo alla fermata “Giulio Agricola” della linea A della metropolitana, procedendo a piedi per trecento metri su Viale Giulio Agricola, e si arriva in Via Lemonia, dove vi sono vari ingressi. É possibile accedervi anche da Viale Appio Claudio. Altri ingressi sono nei pressi delle fermate “Porta Furba-Quadraro”, “Subaugusta” e “Cinecittà”.




INFORMAZIONI SULLO
STATUTO DEL PARCO
Mettiamo qualche informazione sullo del parco, che è stato varato il 2 luglio 2009, in base alla già nominata lg.reg.29/97:
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
ART. 1
(NATURA, DENOMINAZIONE E SIMBOLO )
ART. 2
( FINALITÀ )
ART. 3
( ATTIVITÀ )
ART. 4
( SEDE )
ART. 5
( COMPETENZA TERRITORIALE )
ART. 6
( USO DELLA DENOMINAZIONE E DEL SIMBOLO )
ART. 7
(PARTECIPAZIONE POPOLARE)
ART.8
(PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO, DIRITTO DI ACCESSO E PUBBLICITÀ DEGLI
ATTI)

CAPO I
Disposizioni generali
Art. 1
(Natura, denominazione e simbolo )
1. L’Ente di gestione del Parco naturale, istituito dalla legge regionale
10.11.1988, n. 66 e successive modificazioni, è ente regionale di diritto
pubblico non economico, dotato di autonomia amministrativa, denominato
Ente Parco Regionale dell’Appia Antica”, di seguito Parco. Il Parco, ai sensi
dell’articolo 55 dello Statuto regionale, è sottoposto alla vigilanza della
Giunta regionale.
2. Il simbolo del Parco è costituito dalla raffigurazione stilizzata di un
paesaggio contenuta all’interno di una figura geometrica sostanzialmente
rettangolare. Nella parte inferiore della figura compare una porzione di
strada ciottolata con la raffigurazione di una volpe stilizzata. Nella parte
superiore della figura sono rappresentati un prato, un albero, la
rappresentazione stilizzata di un acquedotto romano ed il cielo nel quale
compare la scritta “Appia Antica” in carattere stampatello particolare. Il
simbolo del Parco con e senza la denominazione “Parco Regionale dell’Appia
Antica” è depositato presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi con n.
00909409 e n. 00909410.


Art. 2
( Finalità )
1. Il Parco, ai sensi dell’articolo 3 della l.r. 6.10.1997, n. 29 e successive
modificazioni, persegue le seguenti finalità:
a) la tutela, al recupero ed al restauro degli habitat naturali e dei
paesaggi, nonché alla loro valorizzazione;
b) la valorizzazione dei beni e delle aree archeologiche anche
attraverso attività di supporto alle funzioni di monitoraggio,
tutela e restauro di intesa con gli enti preposti;
c) la conservazione di specie animali e vegetali, di singolarità
geologiche, di formazioni paleontologiche e di ambienti naturali
che abbiano valore naturalistico, ambientale e paesaggistico;
4 di 18
d) l’applicazione di metodi di gestione e di restauro ambientale allo
scopo di favorire l’integrazione tra uomo ed ambiente anche
mediante la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici,
storici e architettonici, paesaggistici e delle attività agrosilvopastorali
e tradizionali;
e) la promozione di attività di educazione, formazione e ricerca
scientifica, anche interdisciplinare, nonché di attività ricreative,
ludiche e turistiche sostenibili;
f) la riqualificazione dei bacini idrografici ed idrogeologici;
g) la valorizzazione dell’attività antropica attraverso misure
integrate che sviluppino la valenza economica ed educativa
dell’area protetta.
Art. 3
( Attività )
1. Sono attività del Parco in particolare:
a) promuovere, orientare e svolgere attività scientifiche, educative,
culturali, didattiche, turistiche e di formazione volte a favorire la
conoscenza del patrimonio storico, artistico, archeologico e ambientale
dell’area protetta e della sua corretta fruizione ed individuare le
attività produttive, e gli usi presenti nel parco, o ad esso connessi, da
mantenere o incentivare in quanto coerenti ed utili, in un ottica di
sviluppo sostenibile, ovvero da eliminare o disincentivare in quanto
incompatibili;
b) proporre le eventuali modifiche ai confini del Parco ove occorra
intervenire in aree limitrofe o contigue per assicurare la conservazione
dei valori storici, archeologici, naturalistici e paesaggistici, nonché la
connessione del Parco con l’area archeologica centrale di Roma o con
altre aree protette;
c) individuare criteri di compatibilità per la valutazione di opere e
interventi urbanistici di interesse nazionale, regionale e locale che
interferiscano con il parco naturale ;
d) esercitare le competenze attribuitegli dalla normativa vigente in
materia di vigilanza, ed eventuale repressione, sulle attività di
trasformazione ambientale, territoriale ed urbanistica, anche attraverso
il rilascio di nulla osta, pareri o altri atti di assenso previsti dalle
normative vigenti;
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e) concorrere a promuovere tutte le iniziative dirette a reprimere o
prevenire ogni forma di abusivismo edilizio, nonché le situazioni di
degrado ambientale determinate da ogni forma di inquinamento;
f) elaborare proposte e progetti di risanamento, restauro, riuso ed
esproprio di immobili di qualunque natura ricadenti nell’area del
Parco, acquisire elargizioni, donazioni, eredità e legati in qualsiasi
forma ritenuta utile;
g) gestire il patrimonio, di proprietà del Parco o ad esso affidato, anche
esercitando il diritto di prelazione sui trasferimenti dei beni di
rilevante interesse per il Parco ovvero promuovendo i necessari
espropri utili agli scopi istituzionali, nei modi e nelle forme previste
dalla normativa vigente;
h) gestire i servizi dell’area naturale protetta, nonché acquisire opere e
forniture nei modi di legge, anche ove possibile tramite la stipula di
convenzioni con enti pubblici, privati, associazioni e cooperative locali,
qualificate in materia di protezione ambientale o con istituti
universitari e di ricerca;
i) coinvolgere le associazioni operanti a livello locale, regionale e
nazionale che condividono i fini istituzionali del Parco;
j) stimolare il finanziamento ad iniziativa privata per opere ed interventi
compatibili;
k) porre in essere tutte le azioni consentite dalla normativa vigente per il
raggiungimento dei propri fini istituzionali, compresa la costituzione o
la partecipazione ad associazioni, fondazioni e società .
Art. 4
( Sede )
1. Il Parco ha sede legale in Roma, via Appia Antica, 42 presso l’edificio
della ex Cartiera Latina.
Art. 5
( Competenza Territoriale )
1. Il Parco esercita le funzioni ad esso attribuite all’interno del territorio
di propria competenza come perimetrato nell’allegato alla legge istitutiva di
cui all’articolo 1.
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2. La competenza territoriale del Parco è adeguata automaticamente a
eventuali modificazioni del perimetro apportate da successive leggi regionali
di modifica ovvero dal piano del Parco e dalle sue variazioni.
3. Il Parco esercita, altresì, le funzioni ad esso attribuite sui beni
immobili concessi dalla Regione ai sensi dell’articolo 36 della l.r. 29/1997 e
successive modificazioni.
Art. 6
( Uso della denominazione e del simbolo )
1. Il Parco ha diritto all’uso esclusivo della propria denominazione e del
proprio simbolo.
2. La denominazione e il simbolo sono riportati in tutti i cartelli
installati lungo il perimetro e lungo le strade di accesso al Parco.
3. Il Parco si identifica in tutti i suoi atti con il nome di "Ente Parco
Regionale dell’Appia Antica ".
4. L’uso e la riproduzione della denominazione e del simbolo per fini
non istituzionali e non autorizzati è vietato.
3. Il Parco può concedere, anche a mezzo di specifiche convenzioni,
l’uso della propria denominazione e del proprio simbolo per attività, servizi e
prodotti locali che presentino requisiti di qualità compatibili con le finalità
del Parco.


Art. 7
(Partecipazione popolare)
1. Il Parco promuove forme di consultazione delle popolazioni locali
nonché di gruppi, associazioni, fondazioni ed altri enti portatori di interessi
collettivi e diffusi al fine di garantire la partecipazione dei cittadini all’attività
del Parco e l’imparzialità e trasparenza dell’azione amministrativa.
2. I cittadini singoli ed associati possono rivolgere petizioni al
Presidente del Parco per chiedere provvedimenti o esporre comuni necessità,
connessi al conseguimento delle finalità istitutive del Parco.
3. Le modalità applicative dei principi di partecipazione popolare sono
stabiliti da regolamento approvato ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera
d) del presente statuto.
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Art.8
(Procedimento amministrativo, diritto di accesso e pubblicità degli atti)
1. Il Parco impronta la propria attività ai criteri di economicità,
efficacia, pubblicità e trasparenza, al fine di garantire il buon andamento e
l’imparzialità dell’attività stessa in conformità alle disposizioni della legge
regionale 22 ottobre 1993 n. 57 (Norme generali per lo svolgimento del
procedimento amministrativo, l'esercizio del diritto di accesso ai documenti
amministrativi e la migliore funzionalità dell'attività amministrativa) e
successive modificazioni nonché della legge. 07 agosto 1990, n. 241 (Nuove
norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai
documenti amministrativi) e successive modificazioni.
2. Il Parco garantisce il diritto d’accesso all’informazione ambientale e
la sistematica e progressiva messa a disposizione del pubblico secondo
modalità facilmente accessibili dell’informazione stessa nonché la sua
diffusione anche attraverso l’uso di tecnologie dell’informazione e della
comunicazione, nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 19
agosto 2005, n. 195 (Attuazione della direttiva 2003/4/CE sull’accesso del
pubblico all’informazione ambientale).
3. Il Parco si dota di un proprio albo presso la sede legale, dove
affiggere gli atti adottati dagli organi del Parco e gli atti dirigenziali soggetti
alla pubblicazione nonché le convocazioni del Consiglio direttivo con il
relativo ordine del giorno, in caso di seduta pubblica.
4. Le modalità applicative delle disposizioni di cui al presente articolo
sono stabilite da regolamento approvato ai sensi dell’articolo 11, comma 1,
lettera d) del presente statuto.